Don Stefano Varnavà


Nato a Verolanuova (BS) nel 1933, entra in seminario a tredici anni.
Ordinato sacerdote nel 1955, opera nella parrocchia di Vergiate (VA).
Nel 1957 nasce il suo primo complesso musicale "Modern Spirituals" per presentare in lingua italiana i Negro Spirituals americani.

Nel 1960 viene trasferito nella parrocchia del Gentilino, a Milano, passando poi alla parrocchia di S. Francesco d'Assisi al Fopponino nel 1977.
Nel 1980 fonda un terzo gruppo di MODERN SPIRITUALS denominato poi "Gli Interpreti"

Nel 1997 costituisce il gruppo "I Mai Pront" per la musica folkloristica milanese.
Nel 1999 dà vita alle "St. Francis' Voices, per le incisioni di CD e musicassette, e al nuovo gruppo per i Recitals "Le Voci".
Attualmente opera nella parrocchia S. Francesco d'Assisi al Fopponino, a Milano.


 

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COMMENTI AI VANGELI DELLA QUARESIMA
di Don Stefano Varnavà

4° SETTIMANA

4° LUNEDÌ DI QUARESIMA (Mt 7, 1-5)

Non giudicate, per non essere giudicati; perché col giudizio con cui giudicate sarete giudicati, e con la misura con la quale misurate sarete misurati. Perché osservi la pagliuzza nell’occhio del tuo fratello, mentre non ti accorgi della trave che hai nel tuo occhio? O come potrai dire al tuo fratello: permetti che tolga la pagliuzza dal tuo occhio, mentre nell’occhio tuo c’è la trave? Ipocrita, togli prima la trave dal tuo occhio e poi ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello.

Chi non vuole guardare dentro se stesso impiega il suo tempo a guardare fuori di sé, a guardare quello che fanno gli altri. E ovviamente c’è sempre qualche cosa che non va per il suo verso. E allora quella capacità di valutazione che l’uomo non applica a se stesso le applica ai fatti degli altri. Per cui valuta e, quel che è peggio, a volte giudica. Dove giudicare significa dare una valutazione definitiva. Si sbaglia perché l’uomo è mutevole: colui che è cattivo un domani potrebbe essere un santo. E viceversa. Si sbaglia anche per un altro motivo: il Signore applicherà a noi, nella Sua valutazione, il metro che noi avremo applicato nella valutazione degli altri. Bisogna stare attenti perché possiamo firmare la nostra condanna.
C’è anche uno sbaglio ipotetico. Fare da maestri a coloro che riteniamo più maldestri di noi. Ci assumiamo la responsabilità di guidare altri mentre non ne abbiamo la capacità, e quasi sempre neanche l’autorità. Per far da guida agli altri ci vuole una consumata esperienza positiva nel settore e tanta umiltà nel proporre, per non cadere nel duplice errore dell’imporre e dell’assolutizzare la nostra esperienza.


4° MARTEDÌ DI QUARESIMA (Mt 7, 6-12)

Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci, perché non le calpestino con le loro zampe e poi si voltino per sbranarvi.
Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto; perché chiunque chiede riceve, e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto. Chi tra di voi al figlio che gli chiede un pane darà una pietra? O se gli chiede un pesce, darà una serpe? Se voi dunque che siete cattivi sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro che è nei cieli darà cose buone a quelli che gliele domandano!
Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge ed i Profeti.

Non tutto deve essere dato a tutti. Ci deve essere nell’altro una certa capacità e volontà di ricevere. Dobbiamo prima essere sicuri di questo e poi possiamo trasmettere certi valori e certe sensibilità. La contrapposizione cose sante/cane è molto significativa. L’altra contrapposizione perle/porci ci mette in guardia a non essere fraintesi. Il maiale ricerca la graniglia (granoturco) ma se mastica non il cereale ma le perle si rivolta, primo perché si è fatto male ai denti, secondo perché è stato illuso o ingannato. Doppio male quindi.
Quando si ama veramente si vuole il bene dell’altro. E su questo non si deve ingannarlo. Dare un uovo di serpente al posto di un uovo di gallina non è amare. Dare del pane fatto con polvere di marmo e non di farina non è amare. Dio non si permetterebbe mai di agire così. Quando chiediamo a Dio, Dio dà, ma solo cose buone, che ci facciano bene. Troppe volte chiediamo a Lui cose sbagliate, cose che ci farebbero male. E in questi casi Dio tace. Questo è l’esempio che ci viene da Dio stesso e che noi dovremmo imitare.


4° MERCOLEDÌ DI QUARESIMA (Mt 7, 13-20)

Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per essa; quanto stretta invece è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e quanto pochi sono quelli che la trovano!
Guardatevi dai falsi profeti che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro son lupi rapaci. Dai loro frutti li riconoscerete. Si raccoglie forse uva dalle spine, o fichi dai rovi? Così ogni albero buono produce frutti buoni e ogni albero cattivo produce frutti cattivi; un albero buono non può produrre frutti cattivi, né un albero cattivo produrre frutti buoni. Ogni albero che non produce frutti buoni viene tagliato e gettato nel fuoco. Dai loro frutti dunque li potrete riconoscere.

La via che conduce alla vita è una via stretta. Così è nella fisiologia della donna da cui esce a fatica il corpicino del bimbo. Così è anche nella realtà spirituale. I veri valori si fa fatica a farli emergere. Il “tutto subito, senza fatica” è molto pericoloso perché molto facile e semplicistico. E’ una porte spaziosa che cela un pericolo, è una strada che si allarga e si disperde. Una strada che voglia essere sicura deve snodarsi entro certi confini, entro certe delimitazioni, che limitano ma danno anche una garanzia: quella di non perdersi; la perdizione in senso spirituale. Il troppo facile, il troppo scintillante ci deve mettere in guardia. La stessa osservazione va fatta quando si presentano a noi dei personaggi con vesti di pace e mansuetudine. Con vesti di pecore, ma dentro sono lupi rapaci! Come si fa a capirli? Dategli erba da mangiare: se sono pecore la mangeranno e si mostreranno riconoscenti. Se sono lupi la mangeranno ma diventeranno nervosi e insofferenti. A furia di presentare loro solo dell’erba si spazientiranno e si rivolteranno contro. A questo punto riconoscerete chi sono i lupi.


4° GIOVEDÌ DI QUARESIMA (Mt 7, 21-29)

Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. Molti mi diranno in quel giorno: Signore, Signore, non abbiamo noi profetato nel tuo nome e cacciato demòni nel tuo nome e compiuto molti miracoli nel tuo nome? Io però dichiarerò loro: Non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me, voi operatori di iniquità.
Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, è simile a un uomo saggio che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa non cadde, perché era fondata sopra la roccia. Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, è simile a un uomo stolto che ha costruito la sua casa sulla sabbia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde, e la sua rovina fu grande”.
Quando Gesù ebbe finito questi discorsi, le folle restarono stupite del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità e non come i loro scribi.

Non basta parlare a Dio, non basta rivolgersi a Lui; per una logica di coerenza dobbiamo poi, nella vita quotidiana e concreta, comportarci secondo la Sua Volontà. Volontà espressa nelle Leggi della natura (che quindi non vanno trasgredite o, peggio, sovvertite). Volontà espressa nelle Sue parole scritte nel Vangelo. Volontà estemporanea che si manifesta nei primi pensieri che sorgono in noi soprattutto nelle circostanze impreviste.
Il capire quale è la Volontà di Dio e saperla ripetere e annunciare agli altri non ci esime dalla sua esecuzione. E’ il caso del Profeta che è un ripetitore e un diffusore della Parola di Dio. Se il Profeta poi non la mette in pratica sarà considerato pure lui operatore di iniquità. Così per colui che caccia i demoni nel nome di Dio. L’uomo è un canale attraverso il quale la potenza di Dio passa e opera.
Ma essere consapevole di essere un canale non ci esime dal praticare, noi personalmente, la Parola di Dio. Altrimenti il Signore ci dirà “Allontanatevi da me, voi operatori di iniquità”.
Da ultimo: è il mettere in pratica che fa capire fino in fondo il significato della Parola di Dio. Per questo chi mette in pratica costruisce sulla roccia e non sulla sabbia.


4° SABATO DI QUARESIMA (Mc 10, 13-16)


Gli presentavano dei bambini perché li accarezzasse, ma i discepoli li sgridavano. Gesù, al vedere questo, s’indignò e disse loro: “Lasciate che i bambini vengano a me e non glielo impedite, perché a chi è come loro appartiene il regno di Dio. In verità vi dico: Chi non accoglie il regno di Dio come un bambino, non entrerà in esso”. E prendendoli fra le braccia e ponendo le mani sopra di loro li benediceva.

Accogliere il Regno di Dio: il Regno di Gesù è un Regno tutto particolare e diverso da altri regni cosiddetti religiosi. E’ la continuazione e il logico sviluppo di ciò che Dio ha iniziato creando la natura, ma soprattutto l’anima. Nell’anima c’è tutto il DNA umano. Nell’anima c’è il figlio di Dio che ha in sé il principio di causalità finale, la tensione a sviluppare le sue caratteristiche latenti fino a che diventino reali, raggiungendo così il massimo di espansione ed estensione: essere figlio di Dio a pieno titolo, con tutte le caratteristiche del Padre: spostarsi dove meglio si crede, creare con le proprie forze (potenziate) ciò che la mente sa immaginare: sentirsi non propriamente Dio ma Suo figlio, una divinità.
Il bambino che si sta sviluppando avverte già nel profondo di sé queste sue potenzialità e tende a realizzarle. Potenzialità della sua anima, che sono di gran lunga superiori a quelle del corpo, che comunque ne è in qualche modo partecipe.
A questo atteggiamento di accoglienza insito nel bambino deve ritornare l’adulto che, con lo sviluppo della razionalità, rischia di perdere questo senso allargato della realtà cosmica che, attraverso l’esercizio dell’intuizione e del senso fantastico-artistico, rende logicissimo tutto ciò che concerne il Regno dei Cieli.
Il benedire, cioè l’imporre fisicamente le mani, significa trasmettere l’energia fisica e spirituale a una persona.
I bambini avvertivano questo “ricevere” e quindi andavano a Gesù per farsi benedire.

 




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Dal cuore del padre
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